Come previsto, la “seconda ondata” è iniziata. I Dpcm si susseguono con ulteriori restrizioni: alle scuole superiori viene imposta la didattica a distanza, mentre alle università è lasciata autonomia di scelta.
Lunedì 26 ottobre 2020. Voci di corridoio serpeggiano in Cattolica su un’imminente chiusura. I nostri rappresentanti in Consulta d’Ateneo scrivono al Rettore: «Per il sorprendente impegno profuso per far rispettare tutte le norme igienico-sanitarie (…) ci sentiamo di dire che l’università è un luogo sicuro e per questo ci sembra ragionevole confidare nella sua apertura». Nessuna risposta.
Martedì 27 ottobre 2020. L’Università comunica ufficialmente, sulla scia di altri atenei milanesi, di sospendere le lezioni in presenza (almeno) fino all’8 novembre. Per «l’invito delle autorità a ridurre gli spostamenti delle persone» si sconfessa la forte e coraggiosa presa di posizione iniziale del nostro Ateneo sintetizzata nello slogan «Tutto il possibile in presenza, tutto il necessario da remoto», che si stava faticosamente realizzando.
Un “possibile” che si era concretizzato in un luogo sicuro e accessibile agli studenti che per necessità o volontà si recavano in università per seguire le lezioni. Un “possibile” che si era visto in professori pronti a fare lezione anche con un solo studente in presenza, in ragazzi disposti a seguire in aula distanziati, a vivere in silenzio i luoghi di studio o a stare con le mascherine per ore in biblioteca.
Di recente il nostro Rettore sul Corriere della Sera aveva sottolineato che le capacità degli studenti non sono «soltanto un’utilità personale, da scambiare sul mercato, ma una ricchezza per la società» e che le università sono un «luogo in cui le persone sono spinte a promuovere e sviluppare la loro personalità e cultura, e in tal senso educate.»
E allora ci chiediamo: il nostro contributo nel dramma di questa crisi, non solo sanitaria, ma anche economica e sociale, si misura solo in termini di riduzione della mobilità? Oppure la vera stoffa dell’Università – proprio perché Cattolica – è l’essere un luogo di educazione che formi persone vere, appassionate al proprio destino al punto tale da imparare a vivere in ateneo, a casa, sui mezzi e con gli amici in modo ragionevole, rispettando tutte le doverose misure di sicurezza?
Crediamo che il contributo più incisivo non sia voltare le spalle agli spiragli aperti in cui è possibile muoversi con ragionevolezza, ma sfruttarli per poter partecipare costruttivamente a un luogo in cui essere educati a non avere paura e contribuire in modo originale ad un mondo da ricostruire.
Tutti siamo sfidati a dire «Io»: prendere posizione e assumerci responsabilità. Anche a fronte delle ulteriori restrizioni imposte dalle autorità nazionali per l’aggravarsi della situazione, finché ciascuno di noi vive con il desiderio di esserci e di rispondere alla realtà, l’Università non è chiusa: L’UNIVERSITÀ NON È CHIUSA FINCHÈ NOI VIVIAMO.
Ateneo Studenti
Riccardo Caruso, Carlo Zavarise, Teresa Maria Stella Zagra, Maria Letizia Antonetti, Diego Frigidi, Paolo Spagnuolo, Veronica Campiotti, Michele Brusa, Tommaso Asquini, Giacomo Grassi